Future e giovani mamme sempre più numerose mi chiedono consigli sul cosiddetto autosvezzamento. L’argomento è importante perché interviene sui meccanismi che influenzeranno il rapporto del bambino col cibo non solo nei primi mesi di vita, ma per il resto della sua vita. L’articolo è apparso anche su Vini & Cucina Bresciana in questo mese in edicola.
L’alimentazione complementare
Il periodo di transizione dall’alimentazione esclusivamente a base di latte, ad una dieta contenente altri alimenti, è un momento molto delicato della crescita. E’ una fase che ormai non viene più chiamata svezzamento ma periodo della alimentazione complementare. Poiché il latte materno diventa progressivamente insufficiente per il bambino in crescita si raccomanda di cominciare l’introduzione graduale di altri alimenti, continuando nello stesso tempo la somministrazione di latte materno.
Non esiste per tutti i lattanti un’età precisa e uguale in cui iniziare l’inserimento dei primi cibi diversi dal latte; ciò dipende da numerose variabili individuali: è il pediatra eventualmente che valuta anche in base al contesto familiare, al rapporto mamma bambino, alle esigenze specifiche della mamma l’opportunità di introdurre alimenti diversi dal latte materno prima dei sei mesi e comunque mai prima del quarto mese compiuto.
In ogni caso oltre i sei mesi, quando possibile, è importante continuare con il latte materno anche per la protezione immunitaria che esso fornisce nei confronti di eventuali reazioni allergiche provocate dagli alimenti complementari.
Queste affermazioni sono state riprese dalle Linee guida ufficiali del CREA (Centro Ricerca Alimenti e Nutrizione). Sono argomenti che riguardano principalmente i pediatri che affiancano le madri e la famiglia nei primi mesi di vita del neonato, ma ai quali può dare il proprio contributo il nutrizionista per la sensibilità che egli ha sui meccanismi di interazione tra cibo e persona e soprattutto perché l’alimentazione complementare coinvolge pienamente le abitudini dell’intero nucleo familiare.
Quando e come cominciare
L’indicazione di seguire una sequenza rigorosa nell’introduzione progressiva dei diversi alimenti complementari è un concetto superato. L’orientamento prevalente è quello d inserire, dopo i sei mesi, i diversi alimenti sia freschi che formulati per l’infanzia, seguendo più il buon senso piuttosto che un protocollo ben definito.
In effetti i pediatri, per loro stessa ammissione, hanno, in passato, svolto un lavoro che tendeva a ‘medicalizzare’ i protocolli di svezzamento, ingenerando un rapporto forzato del neonato col cibo.
Scrive il pediatra Sergio Conti Nibali nel volume Non chiamatelo svezzamento. L’autosvezzamento spiegato bene: una guida pratica dai pediatri di Uppa:
“Fino agli anni Ottanta, i pediatri e i neonatologi consigliavano di allattare e svezzare i bambini seguendo regole precise (orari, tabelle, quantità), trascurando la fisiologia dell’allattamento e contribuendo così a rendere difficoltosa la gestione delle poppate prima e dopo e dei pasti dopo.
La semplice osservazione del comportamento dei bambini, invece, permette di accorgersi della loro innata capacità di autoregolarsi: sanno quanto vogliono mangiare e in quale quantità.
Prestando attenzione fin dai primi giorni di vita ai segnali che inviano, è possibile rispondere in maniera efficace alle loro richieste e soddisfarne i bisogni.
Se si inizia a farlo durante l’allattamento o l’alimentazione con formula artificiale, sarà poi naturale proseguire su questa strada. Una volta giunto il momento dell’introduzione dei cibi solidi.” Il termine “autosvezzamento” è stato reso popolare da Gill Rapley e Tracey Murkett grazie al loro libro Baby-Led Weaning. The Essential Guide to Introducing Solid Foods and Helping Your Baby to Grow Up a Happy and Confident Eater”, pubblicato nel 2008 e ripubblicato dopo 10 anni in virtù delle 100.000 copie vendute.
I principi dell’autosvezzamento
I concetti su cui si fonda la pratica dell’autosvezzamento sono numerosi ed accomunati dalla convinzione che nei neonati, come nelle persone adulte, vi siano innate le attitudini necessarie per autoregolarsi. Ecco i principali:
Apprendimento autonomo. Questo principio afferma che i bambini imparano meglio quando sono attivamente coinvolti nell’esplorazione e nell’apprendimento del cibo.
Comportamento alimentare naturale. I bambini sono dotati di istinti naturali per il cibo: quando vengono esposti a una varietà di cibi sani, i bambini sanno regolare le scelte alimentari in base ai propri bisogni nutrizionali.
Autoregolazione. I bambini sviluppano abilità di autoregolazione dell’appetito quando vengono lasciati liberi di decidere quanto mangiare, poiché dispongono di una naturale capacità di rispondere ai segnali di fame e sazietà.
Esplorazione sensoriale. E’ vantaggioso incoraggiare i bambini a sperimentare i cibi attraverso il tatto, il gusto e l’odore. Questa esperienza sensoriale contribuirà a costruire una relazione positiva con il cibo.
Sviluppo motorio. Non appena hanno sviluppato le capacità motorie necessarie, I bambini hanno la naturale propensione e capacità di afferrare e mettere in bocca il cibo in modo autonomo.
Il ruolo degli adulti
Lo svezzamento è un processo naturale, da realizzare con cautela, osservando i segnali che vengono dal bambino ma avendo anche presente che egli ‘leggerà’ il contesto e gli atteggiamenti degli adulti che lo circondano.
Il punto di forza dell’autosvezzamento consiste nell’assecondare la naturale predisposizione degli individui, anche in tenerissima età, ad avere un rapporto positivo col cibo. Nel processo di introduzione progressiva dei cibi solidi, tutto il nucleo familiare è coinvolto e la scelta di cibi sani e ‘mediterranei’ può essere un’occasione non solo di educazione alimentare per il piccolo ma di benessere per l’intera famiglia.
L’educazione alimentare del piccolo, veramente, comincia ancora nel grembo materno. Durante la gravidanza è auspicabile una dieta variegata, ricca di sapori e di aromi diversi.
Anche per il bambino gli alimenti della dieta mediterranea costituiscono un po’ il riferimento, facendo attenzione, ovviamente ad eliminare assolutamente lische (attenzione a toglierle prima di omogeneizzare l’eventuale porzione di pesce) e piccoli pezzettini che possono entrare nelle vie respiratorie.
Nella fascia di età 6 – 12 mesi si raccomanda la graduale introduzione di tutti gli alimenti in proporzione frequenze che aumentano col crescere età e quindi alla crescita della necessità di energia e nutrienti del bambino. Ovviamente gli altri alimenti sostituiranno via il latte materno che, alimento principale nelle primissime fasi del divezzamento. Le pappe che andranno via via a sostituire il latte materno, potranno essere preparate utilizzando una base di cereali ortaggi e fronti proteiche in modo da alternare carne, pesce, legumi.
Non tutti i cibi tuttavia possono essere inclusi. Come suggerisce il testo a cui abbiamo fatto riferimento in apertura, Il miele deve essere escluso dalla dieta del bambino fino ad un anno di età per il rischio di botulino, poiché prima di quell’età l’habitat intestinale del bambino consente la germinazione delle spore di clostridium botulino ingerite e che potrebbero essere presenti nel miele.
I funghi invece, non dovrebbero essere considerati alimento idoneo fino ai 12 anni di età per la presenza di chitina e mannitolo, zuccheri che l’intestino dei bambini non sono in grado di digerire.
C’è poi una serie di alimenti il cui consumo va moderato: lo zucchero, il sale, il latte vaccino, il tè, le tisane e i pesci di grossa taglia.
Sale e zucchero non vanno demonizzati, bisogna comunque contenerle il consumo entro limiti ben determinati ed essere consapevoli delle dosi ‘nascoste’ in vari alimenti.
Le cautele
Proprio per la molteplicità di fattori in gioco (motori, relazionali, fisiologici e di crescita) è una pratica che deve essere affrontata con grande cautela e con il confronto stretto con gli specialisti, in primis il pediatra.
Egli ha il compito di informare e accompagnare i genitori, sostenendoli nel confermare che il loro bambino ha raggiunto le competenze motorie e relazionali per avviare l’autosvezzamento.
Secondo i pediatri sostenitori dell’autosvezzamento i cibi da introdurre nella dieta del bambino devono essere individuati tra quelli cucinati in casa, evitando se possibile i preparati industriali, ovviamente della texture adeguata per dimensione delle particelle di cibo e per fluidità.
Di seguito lo schema di “Introduzione degli alimenti nella dieta del lattante a partire dal sesto mese di età con prevalenza di latte materno nelle fasi iniziali e graduale aumento delle frequenze e delle porzioni degli alimenti complementari.” Fonte: Linee guida per una sana alimentazione, CREA 2018. L’illustrazione è a pag. 161.
Disclaimer
Le informazioni presenti in questo articolo sono necessariamente generiche ed hanno lo scopo di fornire una panoramica aggiornata sui temi affrontati.
Questo articolo in nessun modo possono essere considerato prescrittivo e le buone pratiche alimentari, per essere tali, devono essere valutate alla luce delle caratteristiche individuali e degli obiettivi di benessere personali. Nel caso di incertezza interpretativa di quanto scritto o semplicemente per avere alcuni suggerimenti di massima sugli argomenti trattati, vi invito a scrivere a [email protected] a cui risponderò molto volentieri.