- Benessere alimentare e tutela della salute in azienda.
Work-life Balance è una linea di ricerca che studia e propone alle organizzazioni strumenti ed interventi orientati al benessere degli individui che lavorano al loro interno. Sono proposte che hanno come obiettivo l’incremento dei risultati dell’impresa passando attraverso il benessere del singolo lavoratore e dell’organizzazione e che costituiscono uno strumento riconosciuto di miglioramento del clima interno e di bonifica delle situazioni di stress lavoro correlato.
Nell’ambito dell’alimentazione e dell’impatto che essa ha sulla qualità della vita degli individui e dei lavoratori si può sviluppare un notevolissimo ventaglio di proposte funzionale alla costituzione di condizioni di sicurezza e di tutela della salute nei luoghi di lavoro incrementali rispetto agli obblighi normativi.
In particolar modo quando la repentina modifica delle condizioni di lavoro, per esempio il passaggio dal lavoro di ufficio ad attività di smart working, può avere una significativa influenza sugli stili di vita poiché mutano i ritmi di lavoro, l’accessibilità al cibo, la monotonia dell’attività.
Si sta inoltre diffondendo in modo sempre più marcato l’esigenza di consumare i pasti in condizioni di distanziamento sociale, e quindi vengono meno quelle componenti di socialità che si accompagnano abitualmente all’assunzione dei pasti in azienda. Il consumo dei pasti come semplice reintegro di un fabbisogno di nutrienti, spoglia l’atto alimentare delle componenti di socializzazione che lo accompagnano, favorendo in alcuni casi atteggiamenti compulsivi o più spesso di disinteresse per la qualità del cibo assunto.
E’ quindi particolarmente opportuno che nei luoghi di lavoro si attuino politiche di innalzamento tra i lavoratori della consapevolezza dell’importanza dell’alimentazione sulla qualità della propria vita e del proprio lavoro.
Parrebbe di primo acchito che addirittura vi sia un eccesso di informazione e attenzione all’atto alimentare dovuto al debordare di trasmissioni televisive sul cibo, di tutorial sul web, di titoli in libreria che parlano di cucina, di diete, di cibo. In realtà questo fenomeno mediatico, di cui tuttavia si avvertono segnali di cedimento, è connotabile sotto l’etichetta del ‘dilemma dell’onnivoro’ impeccabilmente descritto da Michael Pollan nell’omonimo libro.
“La nostra cultura è arrivata a un punto in cui ogni antica forma di saggezza riguardo al modo di nutrirsi sembra svanita, rimpiazzata da incertezze e ansie di vario genere. La più naturale delle attività umane, scegliere cosa mangiare, è diventata in qualche modo un’impresa che richiede un notevole aiuto da parte degli esperti. Come siamo arrivati a questo punto?”[1]
“La mancanza di una cultura alimentare consolidata ci rende particolarmente vulnerabili alle lusinghe degli esperti di scienza dell’alimentazione e del marketing, per i quali il dilemma dell’onnivoro è soprattutto un’opportunità di guadagno. […] Siamo tornati indietro: come un cacciatore-raccoglitore nella foresta, posto di fronte ad un fungo mai visto, deve fare ricorso ai sensi e alla memoria se vale la pena raccoglierlo, così noi ci aggiriamo nei negozi, soppesiamo pacchi, scrutiamo etichette, ci chiediamo il significato di espressioni come ‘omega tre’, ‘privo d grassi trans’, ‘allevato all’aperto’. Che cosa saranno mai gli aromi naturali per grigliate, il TBHQ [terz-butilidrochinone. Additivo generalmente usato come antiossidante negli alimenti contenenti grassi o oli di origine animale, di controversa accettabilità. n. d. r.] o la gomma xantana? E soprattutto, come diavolo sono finiti nelle cose che mangiamo.”[2]
Nei tre lustri successivi a quando Pollan scrisse queste considerazioni, non è cambiato molto. Si è diffusa una maggiore consapevolezza dell’importanza del cibo e del movimento fisico per il benessere personale, e del tema della sostenibilità della produzione alimentare. Non si può negare che nel rinnovato interesse per la cucina e per la preparazione domestica vi si possa leggere il bisogno implicito di recuperare col cibo un rapporto più leggibile, più intimo.
Tuttavia basta porre attenzione al fulmineo nascere di alcuni miti alimentari e al loro repentino dissolversi, uno per tutti la chiacchiera dei grani antichi, la confusione tra senza glutine e salutare, il fiorire di una offerta alimentare per intolleranti, sproporzionata rispetto al loro numero effettivo testato dalle indagini epidemiologiche, l’affacciarsi di regimi dietetici fra i più fantasiosi (vegetaliani, fruttaliani, crudisti…..) dimostrano quanto sia indispensabile un massiccio intervento di diffusione di una buona cultura alimentare.
Compito istituzionale, sicuramente, ma che può trovare nell’azienda uno straordinario promotore in quanto può disporre di due elementi fondamentali per attivare efficaci campagne di miglioramento della qualità di vita dei dipendenti anche con plausibili ricadute sulla produttività lavorativa: l’autorevolezza e la personalizzazione dell’intervento.
Strumenti aziendali al servizio del miglioramento degli stili alimentari. Questionari sullo stile di vita
Nel panorama di incertezza descritto, l’azienda si può configurare come una sorta di garante delle competenze nutrizionali individuate. Il confronto col medico competente, l’accesso ad un mercato più ampio dell’offerta delle competenze nutrizionali rispetto al singolo individuo, una maggiore capacità negoziale, possono favorire un accreditamento implicito del programma di diffusione della cultura alimentare.
L’azienda da parte sua dovrà in qualche modo mostrare una propensione all’effettiva ricerca di competenze nutrizionali di qualità e verificare che i contenuti diffusi dal programma facciano riferimento non a singoli orientamenti di specialisti, magari del luogo in cui l’azienda è collocata, ma a protocolli che facciano riferimento a organizzazioni di assoluto valore quali L’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’Harvard Medical School, il CREA, o validato dagli Ordini Professionali, Medici e Nutrizionisti, competenti in materia.
L’azienda ha comunque l’opportunità di attingere all’altro valore che prima si è indicato come necessario per il buon esito di programmi di intervento nutrizionale: la personalizzazione.
L’assunto fondamentale è che una significativa incidenza sui comportamenti alimentari delle persone e quindi dei lavoratori si ottiene diffondendo in termini non strumentali gli elementi basilari e solidi del benessere alimentare ed allo stesso tempo ancorando tali nozioni alle condizioni personali di vita e di lavoro.
Da qui, qualora le caratteristiche aziendali lo consentano – numerosità dei dipendenti, qualità delle relazioni industriali, coerenza con i piani di welfare aziendale – potrebbe essere particolarmente interessante implementare campagne di raccolta di informazioni sulle abitudini alimentari personali, sull’attività fisica svolta e sull’impiego del tempo libero, sulle aspettative dei programmi di benessere. L’analisi dei risultati permetterà di focalizzare le aree critiche che richiedono interventi più urgenti su gruppi di lavoratori o sulla singola persona. In funzione degli obiettivi e della profondità dell’indagine i questionari possono essere somministrati ed elaborati in forma anonima. Tuttavia, d’intesa con il Committente, con il Medico Competente, col Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, e con la copertura del vincolo deontologico della riservatezza, i risultati più efficaci dell’indagine si ricaveranno qualora si riesca ad individuare, ove esista, un nesso tra mansione e costume alimentare, anche solo percepito da parte del lavoratore.
Ciò non solo potrà dare preziose indicazioni nel caso l’azienda disponga di una mensa interna e quindi ciò possa fornire importanti indicazioni in termini di caratteristiche del servizio e di offerta gastronomica.
Nel caso della mensa interna, sarà opportuno prestare attenzione riguardo alla presenza di lavoratori che seguono regimi alimentari condizionati dall’appartenenza confessionale. I più diffusi sono i lavoratori di religione musulmana e di religione ebraica. L’attenzione ai precetti alimentari di queste popolazioni aziendali merita grande attenzione sia per l’incidenza che il loro rispetto può avere sul benessere di un lavoratore osservante, sia per il valore inclusivo che comunica.
Le certificazioni halal e kosher -due termini che in entrambe le lingue hanno il medesimo significato di lecito, legittimo, secondo la legge- rappresentano la massima espressione dell’attenzione ai precetti di natura confessionale, tuttavia una corretta proposta nutrizionale è praticabile anche senza ricorrere ad alimenti e procedure che ne certifichino la corrispondenza ai precetti.
Gli strumenti digitali di somministrazione dei questionari sugli stili di vita e sulle abitudini alimentari rendono le indagini sulle popolazioni aziendali assai agevoli, soprattutto per le aziende con elevato tasso di informatizzazione.
Tuttavia è necessario che la restituzione dei dati individuali avvenga all’interno di un colloquio personale col lavoratore.
La personalizzazione delle prescrizioni alimentari.
L’azienda è un ambito speciale perché consente di inserire le prescrizioni alimentari alla persona inserendole in un contesto in cui si ha una buona conoscenza delle condizioni di lavoro che occupano gran parte del tempo attivo della persona ed inserirle, dove disponibile, nel più generale quadro fornito dai questionari conoscitivi aziendali.
La personalizzazione dell’intervento si concretizza in un colloquio con il singolo lavoratore, a cura dello specialista nutrizionista, volto a definire lo stato di benessere, integrato da una valutazione antropometrica. Questa consiste nella rilevazione delle principali circonferenze corporee (vita, fianchi, polso) e nella registrazione del peso e dell’altezza. La rilevazione dello stato di idratazione e della composizione corporea (che si effettua tramite analisi bioimpedenziometrica) contribuirà a definire un set di consigli nutrizionali e di suggerimenti per l’attività fisica. Altri approfondimenti potranno essere sviluppati, d’intesa col medico competente, quali il test sui radicali liberi e lo stress ossidativo.
Tuttavia, è indispensabile rifuggire da una eccessiva ‘medicalizzazione’ del rapporto col cibo, riconsegnando la naturalità e la dimensione del piacere che dovrebbero sempre accompagnare l’atto alimentare e ricondurlo al dispendio energetico personale.
Il nesso tra alimentazione ed attività fisica è uno dei criteri fondamentali per proporre corrette indicazioni alimentari che saranno tanto più precise ed efficaci in quanto correlate all’attività motoria e ai condizionamenti posturali connessi all’attività lavorativa.
L’attività fisica quotidiana e il controllo del peso costituisce il primo gradino, la base portante della Healthy Eating Pyramid, la piramide del mangiar sano di Harvard, che costituisce un solido e intuitivo modello per l’educazione ad uno stile alimentare sano. Walter C. Willett, il “nutrizionista più famoso al mondo”, docente di epidemiologia e nutrizione presso la Harvard T.H. Chan School of Public Health e professore di medicina presso al Harvard Medical School, sostiene che “A distanza di diciassette anni, la piramide resiste alla prova del tempo e la sua struttura esce rinforzata da sempre nuove prove”[3]
- Diffusione della cultura alimentare e tutela della salute in azienda.
Sono molteplici gli ambiti nei quali una diffusione della cultura alimentare può agire positivamente sulle condizioni di sicurezza e di salute nei luoghi di lavoro.
L’innalzamento della consapevolezza alimentare e l’adizione di pratiche alimentari favorevoli per la sua salute, collegate agli stili di vita e all’attività aziendale, migliora certamente il suo stato di benessere ed eventualmente attenua e corre eventuali limitazioni, come la sedentarietà per esempio, connesse all’attività lavorativa.
Di seguito alcuni interventi informativi, generalmente della durata di 2 ore, apprezzati, sia da parte dei lavoratori che dei datori di lavoro per le ricadute positive sul clima interno e sulla percezione del benessere personale.
- Le buone e pratiche alimentari. Gli stili di vita attivi; come applicarli, quali cautele, quali benefici; i nutrienti, l’idratazione; gli alimenti; l’importanza del giusto timing. La giornata e la settimana alimentare.
- La consapevolezza alimentare. Esercizi di Mindful Eating e l’attenzione a correggere il rapporto compulsivo col cibo.
- Cibo e salute. Il microbiota e le sue funzioni. Alimenti prebiotici, probiotici e simbiotici. L’importanza dell’acqua I cibi funzionali. La nutraceutica.
- Alimentazione e movimento fisico. Il legame tra alimentazione e movimento. I meccanismi biochimici. Il ruolo dell’alimentazione. Cosa, come e quando mangiare.
- La spesa consapevole e buone pratiche di igiene alimentare. La lettura delle etichette alimentari per una scelta più consapevole. Cosa significano i valori nutrizionali e i componenti. Rischi e accorgimenti igienici nelle preparazioni gastronomiche domestiche.
Ma un impatto sul clima interno e soprattutto un aiuto alla attenuazione delle condizioni di stress lavoro correlato si riscontrano in quegli interventi che consentono di acquisire tecniche di lavoro di cucina, anche in questo caso della durata di circa due ore, che facilitano gli sforzi di conciliazione dei tempi di lavoro e di cura familiare.
Ecco alcuni esempi.
- Nutrizione e cucina su misura. L’intervento si propone di sostenere le esigenze individuali di benessere nutrizionale con indicazioni di buone pratiche gastronomiche utili per rendere il partecipante in grado preparare pietanze buone e funzionali al regime alimentare personale.
- L’organizzazione del menu della settimana. come pianificare, fare acquisti mirati, conoscere alcune tecniche di base per preparare e conservare gli alimenti, ma soprattutto saper utilizzare in combinazione diversa gli stessi ingredienti.
- Cucina leggera per il lunch box. Il corso illustra i criteri e le tecniche per preparare piatti in cui i nutrienti principali, proteine, carboidrati, lipidi, vitamine, possano essere bilanciati a seconda del proprio stile alimentare senza rinunciare al gusto. Un’attenzione particolare sarà posta nell’organizzazione del lavoro per realizzare pranzi per l’intervallo di lavoro o per la sera quando il tempo non è mai abbastanza.
Questi interventi, dimostrativi, posso essere realizzati in presenza, con interventi congiunti di uno chef e di un nutrizionista. Riscuotono generalmente un notevole interesse e non richiedono particolare impegno nell’allestimento delle dimostrazioni.
Con la diffusione dell’uso delle piattaforme di networking, sono nate alcune organizzazioni che erogano cosi interattivi di cultura alimentare e di cucina, destinati al personale aziendale, che hanno il pregio di veicolare attraverso strumenti abitualmente dedicati alle incombenze lavorative, contenuti finalizzati al benessere personale con l’esito al tempo stesso di ricompattare la coesione del personale aziendale compromessa dal telelavoro.
Un ambito nel quale vi può essere un’influenza diretta tra corretta alimentazione e attività lavorativa è in tutti quei casi in cui una corretta alimentazione può incidere sulle prestazioni lavorative in termini di adeguatezza fisica agli sforzi o al mantenimento degli stati d’attenzione.
I cibi hanno azioni diverse a seconda dal momento in cui vengono assunti. L’assunzione di pasti regolari serve a strutturare la giornata e fa ritrovare al corpo il suo ritmo di funzionamento quando ad esempio si cambiano spesso turni al lavoro.
L’orologio biologico di ciascuna persona è un complesso quanto efficientissimo meccanismo che sovrintende il regolare funzionamento del metabolismo, del sonno, della temperatura del corpo e degli stati ormonali.
A regolare il “ticchettio” del nostro orologio biologico è un gruppo di cellule cerebrali situato nell’ipotalamo detto, nucleo soprachiasmatico, che riceve informazioni sulla luce esterna attraverso cellule fotosensibili presenti nella retina, e lavorando su un ciclo di 24 ore (cicli circadiani) adatta i ritmi biologici del nostro corpo a quelli imposti dal susseguirsi di giorno e notte.
Vi è inoltre un apparato ormonale assai articolato che interviene nella regolazione dei bioritmi. Il cortisolo è soggetto ad una secrezione basale pressoché costante nelle 24 ore, con picco massimo (acrofase) registrato intorno alle primissime ore del mattino (3-4) e picco minimo che coincide con le prime ore di riposo notturno (22-24). La concentrazione plasmatica del GH o somatotropina raggiunge la propria acrofase intorno alle 24 e fa registrare i suoi valori minimi dalle 8 alle 20. Il testosterone ha il suo apice intorno alle 2-3 del mattino, mentre il picco minimo si registra intorno alle 18. Il TSH (Thyroid-stimulating hormone), il principale ormone che regola le funzioni tiroidee, ha un andamento del tutto simile a quello del testosterone.
La strategia alimentare di un turnista dovrebbe quindi essere modificata in modo da attenuare la ricorrente sfasatura tra attività lavorativa e bioritmi. Ecco allora che un intervento che aiuti a ricollocare temporalmente e a caratterizzare i momenti salienti della giornata alimentare (colazione, spuntino, pranzo, spuntino e cena) può certamente aiutare il lavoratore a migliorare il proprio benessere fisico e lo stato di attenzione.
[1] Michael Pollan, Il dilemma dell’onnivoro, Milano, Adelphi, 2008. pp. 490. Titolo originale: The Omnivore’s Dilemma. A Natural History of Fuor Meals, Penguin press, 2006. La citazione è tratta dall’introduzione, p.11.
[2] Michael Pollan, cit., pp. 15,16
[3] Walter C. Willett con Patrick J. Skerret, Mangiare sano, bere sano, vivere sano, Milano, Mondadori, 2018,pp.546. Titolo originale, Eat, Drink, and Be Healthy, prima edizione novembre 2018. La citazione è a pag. 25 dell’edizione italiana.